Il PUC è entrato in vigore in
data 20/9/2001 e avrebbe dovuto
essere verificato in ordine alla sua adeguatezza decorsi dieci anni dalla
sua approvazione (comma 1 art. 46 Legge Urbanistica Regionale n. 36/1997); anzi
il comma 3 stabilisce che “Il Comune
provvede alla verifica di adeguatezza con deliberazione consiliare, da adottare
entro il semestre precedente la scadenza del termine decennale”. Dunque, il Sindaco Favini e la sua maggioranza è inadempiente
fin dal marzo 2011.
Ma la cosa più grave è che il Puc
pur non essendo stato verificato nella sua adeguatezza rispetto alla realtà attuale
e soprattutto rispetto alle prospettive future, continua a produrre norme
pienamente efficaci.
Ma non solo. Con l’adeguatezza
andava opportunamente avviata una Valutazione Ambientale Strategica
(VAS); cioè una procedura finalizzata a integrare le considerazioni di natura
ambientale all’interno dei processi di programmazione e pianificazione del
territorio, valutando i potenziali effetti ambientali che tali piani potrebbero
generare. La VAS è uno strumento sistematico di controllo dell’intero processo
di pianificazione che parte a monte di questo ed è finalizzato a fornire gli
strumenti ambientali necessari per la definizione di scelte di piano
sostenibili.
La legge e la giurisprudenza
comunitaria e nazionale prevalenti, confermano la necessità di assicurare un coinvolgimento attivo delle comunità locali
interessati non limitato ai termini di legge formali per la presentazione
delle osservazioni.
Per tale coinvolgimento della
popolazione la legge impone ai Comuni: la
trasparenza (cioè la messa a disposizione dei dati, studi, atti); la non strumentalità (cioè su quali
questioni deve essere aperto il confronto partecipativo con la popolazione); la coerenza (cioè la possibilità di verificare,
giudicare e motivare la coerenza dei progetti).
Ecco spiegato perché tutto si è arenato. L’avvio di un obbligatorio
confronto partecipativo, trasparente e completo con la popolazione poteva essere
pericoloso perché avrebbe evidenziato alcune problematiche presenti in questo
Puc: a) l’impatto ambientale dei
distretti di trasformazione (circa 153.000 mq. di edificazione); b) la totale assenza di esigenze abitative
sul nostro territorio; c) la discrezionalità
assai diffusa nelle scelte di singoli lotti edificatori; d) i favoritismi.
Un confronto partecipativo con la
popolazione, del resto, non poteva che essere avversato da parte di chi ha
fatto di tutto per far “abortire” i Consigli di Frazione e, in generale, tutti
gli istituti della partecipazione.
Ma questo rifiuto della PARTECIPAZIONE POPOLARE alla formazione degli atti
importanti di pianificazione del territorio è una costante. A riprova si
riporta una parte del discorso da me pronunciato in un Consiglio Comunale nel
1999 (nell’iter di approvazione del PUC): “Ci
troviamo a dover esaminare la proposta di progetto definitivo di PUC, ma
giungiamo a questo appuntamento senza un
effettivo ed approfondito dibattito in Consiglio Comunale, tra le forze
politiche e tra la popolazione. (…) La maggioranza è apparsa troppo interessata
a non sviluppare un effettivo dibattito
e a non coinvolgere la popolazione in un simile dibattito, ma al contrario
è stata desiderosa soprattutto di evitare qualsiasi scomodo
"controllo" e “pericolosa” verifica di ciò che costituisce la
proposta di PUC. Informazione,
dibattito, confronto e partecipazione debbono essere momenti irrinunciabili
del processo di costruzione della democrazia, attraverso cui i cittadini siano
posti in condizione di esercitare il loro potere non esclusivamente con il
voto, ma giungendo alla gestione quanto più diretta e meno delegata possibile dell'ente
locale. Non possiamo pensare ad uno sviluppo della partecipazione distaccato
dai problemi reali della città: comune e quartiere sono i primi interpreti dei
bisogni della popolazione. Ai quartieri devono essere affidati nuovi compiti
che significano soprattutto decentramento dei servizi ed ampliamento della
partecipazione democratica, momento per contribuire anche alla rifondazione
morale dei partiti. Senza una forte
partecipazione popolare non è possibile giungere ad una decisiva innovazione
nel modo di condurre la cosa pubblica”.
Euro Mazzi
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