In
questi giorni (aprile 2015) un noto esponente locale del PD ha criticato alcune mie affermazioni
inerenti il sistema di vassallaggio esistente tra Sarzana e Castelnuovo,
ritenendole offensive e calunniose. Ma in quelle affermazioni non vi è nulla di
offensivo, poiché si tratta solo di una valutazione di carattere politico che
sintetizza una serie di concetti riferiti al modo attuale di gestire il potere a livello locale (… e non solo).
Ho sentito, dunque, la necessità di spiegare nel dettaglio la categoria politica del vassallaggio; concetti opinabili certo, ma frutto di analisi e di ragionamento a cui si dovrebbe contrapporre articolate considerazioni di merito e non battute che non permettono un confronto e cercano di squalificare a priori ogni tentativo di fare chiarezza e di trovare rimedi.
Senza un vero e libero confronto c’è conformismo e pensiero unico.
Ho sentito, dunque, la necessità di spiegare nel dettaglio la categoria politica del vassallaggio; concetti opinabili certo, ma frutto di analisi e di ragionamento a cui si dovrebbe contrapporre articolate considerazioni di merito e non battute che non permettono un confronto e cercano di squalificare a priori ogni tentativo di fare chiarezza e di trovare rimedi.
Senza un vero e libero confronto c’è conformismo e pensiero unico.
Nel
lontano medioevo il re, i vassalli, i valvassori e i valvassini rappresentavano
una precisa struttura piramidale utile a esercitare il potere dei potenti su un
vasto territorio che gli stessi non avrebbero potuto visitare nemmeno
cavalcando per intere settimane. Questa ragnatela di potere permetteva di controllare il territorio e di padroneggiare la servitù della gleba.
Il vassallo (1) nella società feudale indicava
il rapporto tra un uomo libero che si assoggettava a un signore promettendogli
fedeltà in cambio di protezione. Il re nominava il vassallo come suo
fedele rappresentante.
Il valvassore (2) era
un vassallo non direttamente dipendente dal sovrano, ma da un altro
vassallo. Entrarono in questa categoria anche coloro che, senza essere
titolari di alcun ufficio, avevano ottenuto sulle proprie terre privilegi di
immunità (esenzione dalla giurisdizione del conte, da cui il titolo di liberi).
I valvassini, ultimo gradino
della piramide, scelti dai valvassori che potevano ancora suddividere ed
investire altri nobili di rango più basso (3).
Il vassallaggio (4) è il sistema
sociale e politico fondato sul feudo formato da vere e proprie catene
di signori, signorotti e signorini posti a capo di territori (i feudi)
avente una forma di grande piramide al cui vertice c’era il re o l’imperatore,
e giù giù, a partire dai principi o dai conti del palazzo (= paladini), schiere
sempre più larghe di vassalli, valvassori, ecc., tutti incombenti sul popolo
misero e oscuro e sui servi della gleba.
Il feudo (6) risulta formato dall’unione di due elementi: uno personale, consistente nell’atto mediante il quale un uomo libero si sottopone a un altro promettendogli fedeltà e ricevendone in cambio la promessa di protezione; e uno reale (detto beneficio), consistente nella concessione gratuita e revocabile di una terra, in aggiunta alla promessa di protezione; si aggiungeva poi un terzo elemento, cioè l’affrancazione (detta immunità) da oneri pubblici delle terre concesse. Il feudo è il territorio su cui il feudatario esercita la giurisdizione sugli abitanti del feudo.
Questo
potere si costituiva con una forma solenne e dava luogo a un vero vincolo
giuridico tra signore e vassallo. Successivamente al rapporto personale di vassaticum
si aggiunse un rapporto reale, che prese il nome di beneficium (beneficio).
Esso si manifestava con la concessione di una terra, revocabile e non eccedente
la vita del concedente e del concessionario. Il rapporto di vassallaggio
conobbe una diffusione intensa (5).
Il feudo (6) risulta formato dall’unione di due elementi: uno personale, consistente nell’atto mediante il quale un uomo libero si sottopone a un altro promettendogli fedeltà e ricevendone in cambio la promessa di protezione; e uno reale (detto beneficio), consistente nella concessione gratuita e revocabile di una terra, in aggiunta alla promessa di protezione; si aggiungeva poi un terzo elemento, cioè l’affrancazione (detta immunità) da oneri pubblici delle terre concesse. Il feudo è il territorio su cui il feudatario esercita la giurisdizione sugli abitanti del feudo.
Chiariti i significati, le terminologie e i rimandi storici, occorre ora analizzare il feudalesimo
prossimo venturo.
Nella società e nella politica italiana di oggi pare esistere (in senso metaforico) la stessa
struttura piramidale di questo modello feudale; si sono solo
adeguati ai tempi i nomi le figure e le comparse: non più re vassalli
valvassori e valvassini, ma capi-partito, parlamentari, governatori,
consiglieri regionali, sindaci, consiglieri comunali, ecc..
Il potere è gestito
ancora con il modello della ragnatela ramificata del feudalesimo che si diparte
dall'alto sino al più piccolo borgo. Il capo di partito nomina nel feudo/regione il parlamentare o il governatore che a loro volta individuano nei loro
domini i consiglieri regionali e i sindaci; questi ultimi individuano i
consiglieri comunali. Questa è una gerarchia asimmetrica, diretta in un solo
verso nel senso che se funziona "in una direzione", non funziona
"nell'altra". E' una prerogativa di scelta univoca dall'alto. Ogni
carica si avvale nelle sue competenze di occupare, ogni volta che si apre un
nuova possibilità, con uomini di fiducia tutte le nuove posizioni di gestioni e
di dominio. Dal gruppo viene prescelto il nuovo "signorotto". Tutto fa capo ad un "referente" e l'insieme governa lo Stato /la Regione /la Provincia /la Zona /il Comune.
Ci
sono anche le guerre tra le fazioni (per esempio: le correnti di partito, le logge, i club, ecc.) per il
dominio solo che sono dispute incruente giocate mediante elezioni dove viene
invitato anche il popolo elettore.
Euro Mazzi
(post originariamente scritto 1/5/2015; revisionato in data 9/6/2018)
note:
1) Dal lat. mediev. vassallus o vasallus (voce di origine celtica); poi detti capitanei o vassalli maggiori. Il vassallo diventava così il responsabile di un feudo acquisendo il diritto di goderne i frutti e i benefici, in altre parole il comando delle terre, dei braccianti e dei castelli. In cambio i vassalli garantivano piena obbedienza al loro Re. I vassalli a loro volta potevano nominare i valvassori, altri nobili di rango inferiore, che diventavano loro fedeli e gestivano parte dei possedimenti.
2) Etimologicamente, dal latino: vassus vassorum o vassallo di vassalli detto anche vassallo minore o vassallo dominico. Nel linguaggio giuridico feudale, era il vassallo del capitaneus (cioè un vassallo di un conte, di un marchese o di un vescovo, che era a sua volta il vassallo del re). Più tardi furono chiamati capitani, e poi conti (e allora il vassallo del re prese il titolo di duca o marchese).
3) In origine il possesso feudale dei valvassini fu precario, poteva essere revocato dal signore, non si estendeva agli eredi, non conferiva alcun grado di nobiltà. Più tardi, riuscì a stabilizzarsi e a diventare in molti casi anche ereditario.
4) Il vassaticum fu utilizzato per i rapporti tra i ceti più elevati e indicava il rapporto di dipendenza personale che legava un uomo libero (vassallo) a un signore, a cui venivano assicurati fedeltà e appoggio militare, in cambio di protezione.
5) Ogni esponente di questa piramide poteva a sua volta assegnare le proprie terre ai propri fedeli, che a loro volta, assegnavano parte delle loro terre ai loro fedeli (= valvassini), sempre con le stesse cerimonie dell’investitura, dell’omaggio e con l’attribuzione di sempre minori poteri o immunità. Le concessioni di terre vennero fatte dal senior al vassus allo scopo di mettere il secondo in grado di prestare i suoi servizi, in tal modo il beneficium apparve come la base reale del rapporto personale comportando un duplice cambiamento: il vassaticum dava al beneficium un carattere personale, revocabile e vitalizio, che esso non avrebbe avuto, tendendo a divenire stabile e perpetuo, mentre il secondo conferiva al primo un carattere di stabilità, che non avrebbe avuto, se fosse rimasto solo un rapporto personale. Questo tipo di diritto reale risultante dalla fusione dei due elementi fu chiamato, con un termine feudum. E' stato in questo modo che Carlo Magno ha potuto reggere in un unico ordinamento tante terre e genti diverse, lasciando a ciascuna i suoi capi, i suoi costumi, i suoi dialetti.
6) Dal lat. mediev. feudum, di etimologia discussa, che risale probabilmente a un franco *fehu «possesso, bestiame». Istituto del mondo medievale, nella sua essenza, può definirsi come una proprietà privilegiata: concedere, dare, avere in feudo un territorio.
In
ogni lotta per la vittoria si possono utilizzare ogni mezzo lecito o no, raggruppandosi
in bande numerose, ricercando equilibri con alleanze anche mutevoli
(trasformismo), oppure ordendo "complotti".
Lo scopo unico è solo l'accrescimento economico e della capacità di esercitare "l'influenza", quali elementi che caratterizzano la forza del singolo e/o del gruppo.
Lo scopo unico è solo l'accrescimento economico e della capacità di esercitare "l'influenza", quali elementi che caratterizzano la forza del singolo e/o del gruppo.
I
riferimenti a questo sistema di potere feudale è oramai entrato nella polemica
politica, soprattutto quando si vuole sottolineare l’esistenza di un centro di
potere su cui è riservato il controllo di un partito, di un gruppo o di un
personaggio; anche, quando si vuole affermare che in una circoscrizione
elettorale un parlamentare esercita una notevole influenza o dispone di un incontrastato
dominio.
Restano
i servi della gleba. Essi devono
lavorare, pagare i tributi (le tasse) e non pensare. Fanno parte del feudo e devono
seguire docilmente il vincitore di turno che acquisirà i diritti di
rappresentanza delle terre conquistate. Ogni tanto, però, i servi si ribellano
e allora per evitare la ribellione si fa ricorso alle tre “F”: Festa, Farina e Forca.
Questo
concetto espresso da Franceschiello (il re di Napoli Francesco
Ferdinando II di Borbone); costituiva un modo per “ben governare” un popolo: il popolo dei
lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati.
Festa e Farina vanno sempre insieme perché hanno il compito di persuadere e di educare il popolo, e quindi si somministra alla gente una festa, con mangiare e bere a buon mercato, oppure assicurando alla gente (il paternalismo) un sostegno (bonus, sussidio, vitalizio, rendita, ecc.).
Festa e Farina vanno sempre insieme perché hanno il compito di persuadere e di educare il popolo, e quindi si somministra alla gente una festa, con mangiare e bere a buon mercato, oppure assicurando alla gente (il paternalismo) un sostegno (bonus, sussidio, vitalizio, rendita, ecc.).
Per
chi non si allinea, chi vuole sforare, per coloro i quali esercitano la libertà
di esistere, il pensiero libero e liberale della propria esistenza, allora ecco
che, infine, ci vuole pure la Forca!
E qui siamo all’apice, al tripudio (il giustizialismo), poiché la forca
rassicura sempre il popolo e … fa paura.
Naturalmente
questo sistema non prevede né sviluppo, né meritocrazia e né democrazia vera, ma solo un
sistema clientelare chiuso.
Già Gramsci aveva individuato nel permanere del sistema feudale (sia nella società, nell'economia, ma anche nella politica) una delle cause della arretratezza dell'Italia che aveva impedito uno sviluppo moderno, favorendo così anche la degenerazione fascista: “Tra i tanti significati di democrazia,
quello più realistico e concreto mi pare si possa trarre in connessione col
concetto di egemonia. Nel sistema egemonico, esiste democrazia tra il gruppo
dirigente e i gruppi diretti, nella misura in cui [lo sviluppo dell’economia e
quindi] la legislazione [che esprime tale sviluppo] favorisce il passaggio
[molecolare] dai gruppi diretti al gruppo dirigente (…) Non poteva esistere
democrazia nel feudalismo per la costituzione dei gruppi chiusi …” (da Quaderni
dal carcere, n. 8 XXVIII, § 191).
Appunto … è questo il nocciolo del problema.
Appunto … è questo il nocciolo del problema.
Euro Mazzi
(post originariamente scritto 1/5/2015; revisionato in data 9/6/2018)
note:
1) Dal lat. mediev. vassallus o vasallus (voce di origine celtica); poi detti capitanei o vassalli maggiori. Il vassallo diventava così il responsabile di un feudo acquisendo il diritto di goderne i frutti e i benefici, in altre parole il comando delle terre, dei braccianti e dei castelli. In cambio i vassalli garantivano piena obbedienza al loro Re. I vassalli a loro volta potevano nominare i valvassori, altri nobili di rango inferiore, che diventavano loro fedeli e gestivano parte dei possedimenti.
2) Etimologicamente, dal latino: vassus vassorum o vassallo di vassalli detto anche vassallo minore o vassallo dominico. Nel linguaggio giuridico feudale, era il vassallo del capitaneus (cioè un vassallo di un conte, di un marchese o di un vescovo, che era a sua volta il vassallo del re). Più tardi furono chiamati capitani, e poi conti (e allora il vassallo del re prese il titolo di duca o marchese).
3) In origine il possesso feudale dei valvassini fu precario, poteva essere revocato dal signore, non si estendeva agli eredi, non conferiva alcun grado di nobiltà. Più tardi, riuscì a stabilizzarsi e a diventare in molti casi anche ereditario.
4) Il vassaticum fu utilizzato per i rapporti tra i ceti più elevati e indicava il rapporto di dipendenza personale che legava un uomo libero (vassallo) a un signore, a cui venivano assicurati fedeltà e appoggio militare, in cambio di protezione.
5) Ogni esponente di questa piramide poteva a sua volta assegnare le proprie terre ai propri fedeli, che a loro volta, assegnavano parte delle loro terre ai loro fedeli (= valvassini), sempre con le stesse cerimonie dell’investitura, dell’omaggio e con l’attribuzione di sempre minori poteri o immunità. Le concessioni di terre vennero fatte dal senior al vassus allo scopo di mettere il secondo in grado di prestare i suoi servizi, in tal modo il beneficium apparve come la base reale del rapporto personale comportando un duplice cambiamento: il vassaticum dava al beneficium un carattere personale, revocabile e vitalizio, che esso non avrebbe avuto, tendendo a divenire stabile e perpetuo, mentre il secondo conferiva al primo un carattere di stabilità, che non avrebbe avuto, se fosse rimasto solo un rapporto personale. Questo tipo di diritto reale risultante dalla fusione dei due elementi fu chiamato, con un termine feudum. E' stato in questo modo che Carlo Magno ha potuto reggere in un unico ordinamento tante terre e genti diverse, lasciando a ciascuna i suoi capi, i suoi costumi, i suoi dialetti.
6) Dal lat. mediev. feudum, di etimologia discussa, che risale probabilmente a un franco *fehu «possesso, bestiame». Istituto del mondo medievale, nella sua essenza, può definirsi come una proprietà privilegiata: concedere, dare, avere in feudo un territorio.
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