castelnuovo magra

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sabato 9 giugno 2018

RE, VASSALLI, VALVASSORI, VALVASSINI E I SERVI DELLA GLEBA

In questi giorni (aprile 2015) un noto esponente locale del PD ha criticato alcune mie affermazioni inerenti il sistema di vassallaggio esistente tra Sarzana e Castelnuovo, ritenendole offensive e calunniose. Ma in quelle affermazioni non vi è nulla di offensivo, poiché si tratta solo di una valutazione di carattere politico che sintetizza una serie di concetti riferiti al modo attuale di gestire il potere a livello locale (… e non solo). 
Ho sentito, dunque, la necessità di spiegare nel dettaglio la categoria politica del vassallaggio; concetti opinabili certo, ma frutto di analisi e di ragionamento a cui si dovrebbe contrapporre articolate considerazioni di merito e non battute che non permettono un confronto e cercano di squalificare a priori ogni tentativo di fare chiarezza e di trovare rimedi. 
Senza un vero e libero confronto c’è conformismo e pensiero unico.
Nel lontano medioevo il re, i vassalli, i valvassori e i valvassini rappresentavano una precisa struttura piramidale utile a esercitare il potere dei potenti su un vasto territorio che gli stessi non avrebbero potuto visitare nemmeno cavalcando per intere settimane. Questa ragnatela di potere permetteva di controllare il territorio e di padroneggiare la servitù della gleba.
Il vassallo (1) nella società feudale indicava il rapporto tra un uomo libero che si assoggettava a un signore promettendogli fedeltà in cambio di protezione. Il re nominava il vassallo come suo fedele rappresentante
Il valvassore (2) era un vassallo non direttamente dipendente dal sovrano, ma da un altro vassallo.  Entrarono in questa categoria anche coloro che, senza essere titolari di alcun ufficio, avevano ottenuto sulle proprie terre privilegi di immunità (esenzione dalla giurisdizione del conte, da cui il titolo di liberi).

I valvassini, ultimo gradino della piramide, scelti dai valvassori che potevano ancora suddividere ed investire altri nobili di rango più basso (3). 
Il vassallaggio (4) è il sistema sociale e politico fondato sul feudo formato da vere e proprie catene di signori, signorotti e signorini posti a capo di territori (i feudi) avente una forma di grande piramide al cui vertice c’era il re o l’imperatore, e giù giù, a partire dai principi o dai conti del palazzo (= paladini), schiere sempre più larghe di vassalli, valvassori, ecc., tutti incombenti sul popolo misero e oscuro e sui servi della gleba. 
Questo potere si costituiva con una forma solenne e dava luogo a un vero vincolo giuridico tra signore e vassallo. Successivamente al rapporto personale di vassaticum si aggiunse un rapporto reale, che prese il nome di beneficium (beneficio). Esso si manifestava con la concessione di una terra, revocabile e non eccedente la vita del concedente e del concessionario. Il rapporto di vassallaggio conobbe una diffusione intensa (5). 

Il feudo (6) risulta formato dall’unione di due elementi: uno personale, consistente nell’atto mediante il quale un uomo libero si sottopone a un altro promettendogli fedeltà e ricevendone in cambio la promessa di protezione; e uno reale (detto beneficio), consistente nella concessione gratuita e revocabile di una terra, in aggiunta alla promessa di protezione; si aggiungeva poi un terzo elemento, cioè l’affrancazione (detta immunità) da oneri pubblici delle terre concesse.  Il feudo è il territorio su cui il feudatario esercita la giurisdizione sugli abitanti del feudo. 
Chiariti i significati, le terminologie e i rimandi storici, occorre ora analizzare il feudalesimo prossimo venturo. Nella società e nella politica italiana di oggi pare esistere (in senso metaforico) la stessa struttura piramidale di questo modello feudale; si sono solo adeguati ai tempi i nomi le figure e le comparse: non più re vassalli valvassori e valvassini, ma capi-partito, parlamentari, governatori, consiglieri regionali, sindaci, consiglieri comunali, ecc.. 
Il potere è gestito ancora con il modello della ragnatela ramificata del feudalesimo che si diparte dall'alto sino al più piccolo borgo. Il capo di partito nomina nel feudo/regione il parlamentare o il governatore che a loro volta individuano nei loro domini i consiglieri regionali e i sindaci; questi ultimi individuano i consiglieri comunali. Questa è una gerarchia asimmetrica, diretta in un solo verso nel senso che se funziona "in una direzione", non funziona "nell'altra". E' una prerogativa di scelta univoca dall'alto. Ogni carica si avvale nelle sue competenze di occupare, ogni volta che si apre un nuova possibilità, con uomini di fiducia tutte le nuove posizioni di gestioni e di dominio. Dal gruppo viene prescelto il nuovo "signorotto". Tutto fa capo ad un "referente" e l'insieme governa lo Stato /la Regione /la Provincia /la Zona /il Comune.
Ci sono anche le guerre tra le fazioni (per esempio: le correnti di partito, le logge, i club, ecc.) per il dominio solo che sono dispute incruente giocate mediante elezioni dove viene invitato anche il popolo elettore.
In ogni lotta per la vittoria si possono utilizzare ogni mezzo lecito o no, raggruppandosi in bande numerose, ricercando equilibri con alleanze anche mutevoli (trasformismo), oppure ordendo "complotti"
Lo scopo unico è solo l'accrescimento economico e della capacità di esercitare "l'influenza", quali elementi che caratterizzano la forza del singolo e/o del gruppo.
I riferimenti a questo sistema di potere feudale è oramai entrato nella polemica politica, soprattutto quando si vuole sottolineare l’esistenza di un centro di potere su cui è riservato il controllo di un partito, di un gruppo o di un personaggio; anche, quando si vuole affermare che in una circoscrizione elettorale un parlamentare esercita una notevole influenza o dispone di un incontrastato dominio.
Restano i servi della gleba. Essi devono lavorare, pagare i tributi (le tasse) e non pensare. Fanno parte del feudo e devono seguire docilmente il vincitore di turno che acquisirà i diritti di rappresentanza delle terre conquistate. Ogni tanto, però, i servi si ribellano e allora per evitare la ribellione si fa ricorso alle tre “F”: Festa, Farina e Forca.
Questo concetto espresso da Franceschiello (il re di Napoli Francesco Ferdinando II di Borbone); costituiva un modo per “ben governare” un popolo: il popolo dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati. 
Festa e Farina vanno sempre insieme perché hanno il compito di persuadere e di educare il popolo, e quindi si somministra alla gente una festa, con mangiare e bere a buon mercato, oppure assicurando alla gente (il paternalismo) un sostegno (bonus, sussidio, vitalizio, rendita, ecc.).
Per chi non si allinea, chi vuole sforare, per coloro i quali esercitano la libertà di esistere, il pensiero libero e liberale della propria esistenza, allora ecco che, infine, ci vuole pure la Forca! E qui siamo all’apice, al tripudio (il giustizialismo), poiché la forca rassicura sempre il popolo e … fa paura.
Naturalmente questo sistema non prevede né sviluppo, né meritocrazia e né democrazia vera, ma solo un sistema clientelare chiuso.
Già Gramsci aveva individuato nel permanere del sistema feudale (sia nella società, nell'economia, ma anche nella politica) una delle cause della arretratezza dell'Italia che aveva impedito uno sviluppo moderno, favorendo così anche la degenerazione fascista: “Tra i tanti significati di democrazia, quello più realistico e concreto mi pare si possa trarre in connessione col concetto di egemonia. Nel sistema egemonico, esiste democrazia tra il gruppo dirigente e i gruppi diretti, nella misura in cui [lo sviluppo dell’economia e quindi] la legislazione [che esprime tale sviluppo] favorisce il passaggio [molecolare] dai gruppi diretti al gruppo dirigente (…) Non poteva esistere democrazia nel feudalismo per la costituzione dei gruppi chiusi … (da Quaderni dal carcere, n. 8 XXVIII, § 191).
Appunto … è questo il nocciolo del problema.

Euro Mazzi
(post originariamente scritto 1/5/2015; revisionato in data 9/6/2018)

note:
1) Dal lat. mediev. vassallus o vasallus (voce di origine celtica); poi detti capitanei o vassalli maggiori.  Il vassallo diventava così il responsabile di un feudo acquisendo il diritto di goderne i frutti e i benefici, in altre parole il comando delle terre, dei braccianti e dei castelli. In cambio i vassalli garantivano piena obbedienza al loro Re. I vassalli a loro volta potevano nominare i valvassori, altri nobili di rango inferiore, che diventavano loro fedeli e gestivano parte dei possedimenti.
2)  Etimologicamente, dal latino: vassus vassorum o vassallo di vassalli detto anche vassallo minore o vassallo dominico. Nel linguaggio giuridico feudale, era il vassallo del capitaneus (cioè un vassallo di un conte, di un marchese o di un vescovo, che era a sua volta il vassallo del re). Più tardi furono chiamati capitani, e poi conti (e allora il vassallo del re prese il titolo di duca o marchese).
3) In origine il possesso feudale dei valvassini fu precario, poteva essere revocato dal signore, non si estendeva agli eredi, non conferiva alcun grado di nobiltà. Più tardi, riuscì a stabilizzarsi e a diventare in molti casi anche ereditario
4) Il vassaticum fu utilizzato per i rapporti tra i ceti più elevati e indicava il rapporto di dipendenza personale che legava un uomo libero (vassallo) a un signore, a cui venivano assicurati fedeltà e appoggio militare, in cambio di protezione.
5)  Ogni esponente di questa piramide poteva a sua volta assegnare le proprie terre ai propri fedeli, che a loro volta, assegnavano parte delle loro terre ai loro fedeli (= valvassini), sempre con le stesse cerimonie dell’investitura, dell’omaggio e con l’attribuzione di sempre minori poteri o immunità. Le concessioni di terre vennero fatte dal senior al vassus allo scopo di mettere il secondo in grado di prestare i suoi servizi, in tal modo il beneficium apparve come la base reale del rapporto personale comportando un duplice cambiamento: il vassaticum dava al beneficium un carattere personale, revocabile e vitalizio, che esso non avrebbe avuto, tendendo a divenire stabile e perpetuo, mentre il secondo conferiva al primo un carattere di stabilità, che non avrebbe avuto, se fosse rimasto solo un rapporto personale. Questo tipo di diritto reale risultante dalla fusione dei due elementi fu chiamato, con un termine feudum. E' stato in questo modo che Carlo Magno ha potuto reggere in un unico ordinamento tante terre e genti diverse, lasciando a ciascuna i suoi capi, i suoi costumi, i suoi dialetti.
6) Dal lat. mediev. feudum, di etimologia discussa, che risale probabilmente a un franco *fehu «possesso, bestiame». Istituto del mondo medievale, nella sua essenza, può definirsi come una proprietà privilegiata: concedere, dare, avere in feudo un territorio.

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