Tra
pochi giorni ci saranno le elezioni per il rinnovo del Presidente e del Consiglio
della Regione Liguria, ma la campagna elettorale sembra essere fatta solo di slogans e di manifesti o manifestini con
le “facce” dei vari candidati. Pochissimi
sono gli esempi di propaganda di merito, cioè sui problemi reali che poi questi
candidati (se eletti) dovranno affrontare e risolvere.
Si
ha la sensazione che l’elettore dovrà valutare solo su simpatia, tradizionale
adesione a quel simbolo rispetto all’altro, fiducia o sfiducia sulle capacità
di quel candidato o di quel partito o gruppo politico. A volte, si rimanda a programmi che sono di
difficile lettura e comprensione, in quanto sono fumosi, incoerenti, irreali (mancando delle relative coperture
finanziarie).
Si
ha la sensazione che questi programmi
siano fatti per rispettare un indispensabile rito, ma non perché siano la
effettiva bussola della futura azione amministrativa degli eletti. Infatti, se
uno legge i
programmi e sente poi parlare il candidato si avvertono contrasti
stridenti: il programma dice una cosa, nel discorso del candidato si dice altro
poiché tende ad “accalappiare” l’attenzione e il consenso dell’ascoltatore di
turno; tanto poi una volta eletto quel programma nessuno lo rilegge più e
nessuno farà il doveroso richiamo su quanto effettivamente realizzato e come è
stato realizzato o quanto è costato realizzarlo.
Questa
scarsa attenzione al programma è foriero di gravi conseguenze, anche perché poi
l’elettore nonostante le lamentele sui problemi che restano irrisolti,
continuerà a votare quel candidato solo sulla base di una adesione tradizionale
o per i “favori” ricevuti.
Su
questo terreno nasce la corruzione,
come evidenziato da un rapporto parlamentare nel 1996: “In generale, le decisioni pubbliche risultano più o meno vulnerabili
alla corruzione a seconda dell’ammontare
delle risorse in gioco, del grado di
discrezionalità della decisione, della generalità
e della prevedibilità dei loro effetti. Quanto maggiore è la quantità di
risorse pubbliche destinate ad un determinato impiego, tanto minori sono i vincoli
alla creazione di posizioni di rendita, presupposto per la realizzazione dello
scambio corrotto. Quanto più estesa è la discrezionalità dell’azione
amministrativa in quel settore, tanto più agevole e al riparo da rischi risulta
la conclusione del patto illecito. Inoltre, quanto più ad ampio raggio e di
portata generale sono gli
effetti del provvedimento, tanto maggiori sono le
difficoltà dei potenziali beneficiari nell’organizzare congiuntamente
un’attività di pressione illecita per influenzare la decisione pubblica: per
questo motivo, gli atti che assegnano
benefici, a individui o a gruppi ristretti di soggetti, sono più facilmente
monetizzabili. Infine, la prevedibilità dei beneficiari di un dato
provvedimento - inversamente proporzionale all’astrattezza e all’imparzialità
della relativa procedura - accresce la convenienza
della corruzione per i soggetti ad esso interessati”
Indipendentemente
dalla propria onestà, si percepisce chiaramente che questi candidati, una volta
eletti, affronteranno i problemi non sulla base dei fumosi programma
elettorali, ma sulla base di valutazioni e necessità contingenti al momento di
prendere le dovute decisioni.
Si
assisterà, dunque, a fenomeni di “trasformismo”
(fenomeno tipicamente italiano nato fin dalla fine dell’ottocento) con passaggi
“di banco” (da maggioranza all’opposizione e viceversa
dall’opposizione alla
maggioranza) per esigenze tipicamente utilitaristiche e momentanee, azioni chiaramente dettate dal solo scopo di
mantenere il potere o di rafforzare il proprio schieramento politico.
Il
trasformismo è anche figlio dell’impreparazione
e dell’improvvisazione poiché si manifesta come consuetudine nell’evitare
il confronto anche aspro ma efficace sui problemi da risolvere; ecco perché si ricorrere
frequentemente a compromessi, clientelismi
e sotterfugi politici, senza tenere conto dell'apparente incoerenza ideologica
di certi connubi o consociazioni.
Conseguenze
negative in tal senso sono: lo scadimento del dibattito politico (poiché viene
a mancare una vera alternanza al potere); l'allontanamento del sistema politico
dalla ricerca del vero interesse collettivo; l’estendersi di un sistema politico
che oramai obbedisce a logiche interne di proprio interesse; una scarsa moralità
da parte degli eletti agli occhi dei cittadini elettori.
Nasce
anche da qui la disaffezione al voto, l’astensionismo,
il disinteresse e il disprezzo verso la politica, che invece è ARTE NOBILE E DIFFICILE. La gente con gli
“eletti” è ossessivamente cortigiana, con evidenti forme del “cecchinaggio” più
vile, oppure esprime dileggio e disprezzo verso capri espiatori di ogni
malessere sociale, anche il più ineluttabile.
Allora
bisognerebbe che i vari “candidati” si ricordassero che fare politica significa: studio, impegno e sacrificio per risolvere i
problemi collettivi.
Fare politica non
deve essere un modo per sistemare se stessi e la propria cerchia di amici e
cortigiani.
La politica è arte nobile e difficile.
Arte, cioè programma,
progetto, apprendimento, tirocinio, studio. E' un delitto lasciare la politica
agli avventurieri. E' un sacrilegio relegarla nelle mani di incompetenti che
non studiano le leggi, che non vanno in fondo ai problemi, che snobbano le
fatiche metodologiche della ricerca e magari pensano di salvarsi con il buon
cuore senza adoperare il buon cervello. E' un tradimento pensare che l'istinto
possa supplire la tecnica e che il carisma o la battuta pronta possano
soppiantare le regole interne di un mestiere assai complesso.
Nobile, perché legata
al mistico rigore di alte idealità; deve tendere al progresso, alla pace, alla
giustizia e alla libertà; perché ha come fine il riconoscimento della piena dignità
della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria.
Difficile, perché le sue
regole non sono assolute e imperiture, ma vanno rimesse continuamente in
discussione; perché dovrebbe favorire il confronto dialettico e la ricerca di
sintesi tra le proprie convinzioni e quelle degli altri; perché esige il saper
vivere nella conflittualità degli interessi e dei principi, contemperando il
rispetto e la lotta, l'accoglimento e il rifiuto, la convergenza e la
divaricazione; perché deve saper regolare la propria coscienza e autonomia di
giudizio con il rispetto degli altri e delle loro esigenze e priorità; perché
tener presente il
pluralismo di opzioni non deve significare che tutte si
equivalgono o che siano tutte efficaci e significative.
Insomma,
sarebbe utile che i vari candidati si
confrontassero veramente tra di loro, su
singoli problemi e aspetti, davanti agli elettori per permettere agli
stessi una scelta più ponderata e più aderente alla realtà che poi dovranno
andare a governare nell’interesse degli stessi elettori. Sarebbe meglio avere “più arrosto e meno fumo”, poiché è nell’interesse
di tutti avere una classe politica decentemente all’altezza dei problemi che si
devono risolvere.
Fatta
questa premessa … proporrò ai candidati una serie di post tematici nella
speranza di ravvivare un dibattito pre-elettorale assai deludente e
vergognosamente povero di reali proposte.
Euro Mazzi
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