Il
7 agosto 2014 Carlo Cottarelli, commissario alla spending review, presentava il dossier sulle società partecipate da
Enti Pubblici incentrato sulla riduzione del loro numero e sul loro efficientamento,
sollevando notevoli polemiche; non è un mistero che questo dossier abbia creato
le frizioni che hanno poi portato alla sua uscita dall’incarico. Cottarelli con
il suo Piano contava di ottenere una cura
dimagrante della spesa pubblica fino a 3 miliardi: «L’obiettivo è di ridurre le partecipate da 8.000 a 1.000 in tre anni»
ha spiegato il commissario, «e ottenere
efficienza e risparmi. È difficile fare una stima», ha aggiunto, «perché ci
sono perdite occulte che non emergono dai bilanci. Ma credo che dalla riduzione
del numero delle partecipate, e dall’efficientamento delle altre, potremmo
ottenere risparmi per 2-3 miliardi: non vi è dubbio, ha aggiunto, che esistano elevati costi per la finanza pubblica e per
la collettività in generale derivanti proprio dall’inefficienza delle
partecipate». (da Corriere della Sera
7/8/2014)
Questo dossier per ora è stato “accantonato”; il governo Renzi ne ha adottato solo alcune linee “minori”; un primo passo si è visto con il riordino previsto dal maxi-emendamento alla legge di Stabilità 2015 (art. 1, commi da 609 a 616, legge 190 del 23/12/2014), con il quale si iniziano a riordinare le partecipate stesse, tagliando le aziende "che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti".
Che
ci sia molto da fare è testimoniato da quanto dice oggi l'Istat. Stando ai dati
2012, "sono 11.024 le unità per le quali si registra una forma di
partecipazione pubblica in Italia, con un peso in termini di addetti pari a 977.792". Di
queste, però, le imprese attive sono solamente 7.685; "Esse impiegano 951.249 addetti, ovvero il 97,3% degli addetti di
tutte le partecipate", spiega il rapporto. Ancora, da una tabella
allegata al resoconto emerge che tra le 7.685 attive ce ne sono ben 1.896 catalogate come imprese da "zero
addetti". Proprio su queste, dunque, in base alla legge di Stabilità
2015 dovrebbero scendere le “saracinesche”.
Insomma,
si tratta spesso di “scatole vuote o inutili”
che però costano molto: oltre milletrecento società hanno un fatturato
inferiore a centomila euro ed oltre duemilaseicento hanno un fatturato con meno
di 1 milione di euro; sono state censite oltre tremila partecipate senza o con
pochi dipendenti (meno di sei); in molti casi il numero dei dipendenti è
inferiore a quello dei componenti dei consigli di amministrazione; circa il
sedici per cento delle partecipate (oltre milleduecento) hanno già cessato
l’attività, sono in liquidazione volontaria o soggette a procedure concorsuali.
Sembra
strano (ma non lo è), ma ad oggi non se ne conosce né il numero preciso, né
quanto incassano e quanto spendono, né quanti sono gli amministratori e quanto
guadagnano, ecc.. Il numero esatto delle partecipate pubbliche non è ancora conosciuto
ma è sicuramente maggiore di 10.000; in Francia le partecipate locali sono
circa un migliaio (che differenza!!!).
E’
infatti da cinque anni che alle pubbliche amministrazioni sono richiesti chiarimenti
sullo stato di salute delle proprie attività in partecipazione, dei conti e
dell’organigramma sugli enti controllati. E proprio sulla base dei dati
raccolti negli ultimi anni che si basava lo studio di Cottarelli, che ha
riconosciuto come le società collegate alla macchina pubblica superino le 8000,
per un totale di oltre 36mila partecipazioni a vario titolo. E proprio a questo
mare di enti più e meno attivi, l’ex commissario Cottarelli aveva suggerito di
tagliare risorse, riducendo sensibilmente il numero degli organismi
riconducibili a questa galassia ben poco nota nelle sue diramazioni.
Comunque,
la legge di stabilità 2015 prevede l’avvio di un censimento delle società partecipate; mentre ancora è notte
fonda sugli altri rimedi invocati dall’analisi dell’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
Questo
è il quadro nazionale e speriamo che pur con notevoli ritardi si arrivi a
effettivi provvedimenti di taglio, anche per raccogliere risorse che
diversamente andranno trovate con nuove tasse!!!
Ma veniamo alla
Regione Liguria
… la quale, come tutti gli enti locali (Comuni e Province) ha le sue
partecipate e anche qui non si conosce
gran che. Nel 2010 era stata fatta una prima ricognizione individuando 12
società partecipate, di cui cinque erano già in fase di liquidazione a seguito
dello scioglimento deliberato dall’Assemblea straordinaria dei soci (Ferrovia
Genova Casella s.r.l., Parco Scientifico e Tecnologico della Liguria scpa, Imperia
Mare spa, Promoprovincia Genova srl, Gruppo di Azione Locale delle aree rurali
della Provincia della Spezia Scarl); le spese a favore di società partecipate
registrate nel bilancio dell’esercizio finanziario 2009 della Regione ammontano a 173 milioni, di cui 123,7
milioni sono riferite alla FI.LS.E. Spa., 30 milioni a Datasiel Spa, 12,7
milioni alla Società per Cornigliano Spa e 5 milioni alla Ferrovia Genova
Casella Srl. A queste 12 partecipazioni si devono aggiungere 4 Consorzi
partecipati. Quindi saliamo a 16 società partecipate. Inoltre, la società
partecipata Filse Spa a sua volta deteneva ben 14 altre partecipazioni. Quindi
saliamo a 30 società partecipate
direttamente o indirettamente dalla Regione.
La
Regione, però, non fornisce molti dati né sul fatturato di queste società, né
sui consigli di amministrazione, né sulla remunerazione degli amministratori e
dirigenti, né sugli utili o perdite, ecc., come invece impone la legge (alla
faccia della trasparenza!!!), ma soprattutto in via generica e sbrigativa ne
attesta per tutte la sussistenza dei presupporsi di cui al comma 27
dell’articolo 3 della legge n. 244/2007, al fine di legittimarne il mantenimento delle partecipazioni societarie, dal momento che la
Regione ritiene che tali società svolgano attività
necessarie per la realizzazione delle finalità istituzionali dell’ente e di
produzione di beni e di servizi di interesse generale. Come in concreto queste “finalità
istituzionali” siano svolte, però, non viene dimostrato se non con una generica
e sintetica affermazione: “Finalità di
pubblico interesse”.
A
seguito del dossier Cottarelli e delle norme contenute nella legge di stabilità
2015, la Regione è stata, comunque, costretta a rivedere la questione delle
partecipate varando un apposito “Piano di
razionalizzazione delle società
partecipate e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente
possedute dalla Regione Liguria ai sensi dell'art. 1, comma 612, della legge 23/12/2014
n. 190” che a parte impegni assai generici di “razionalizzazione” individua: 10 società partecipate direttamente,
di cui 3 in liquidazione. Dunque, rispetto al 2010 solo due delle 5 società in
liquidazione sono state cancellate dal registro delle imprese (il Parco
Scientifico e Tecnologico della Liguria Scpa ed Imperia Mare S.p.A.) le altre 3
sono ancora in liquidazione (ma sono passati quasi 5 anni!!!) e altre 3 saranno
ora messe in liquidazione. A sua volta la società FI.L.S.E. detiene 28
partecipazioni (+14 dal 2010) e ora prevede la significativa riduzione delle
partecipazioni dalle attuali 28 a 14 (cioè quelle del 2010!!!). Quindi, le partecipazioni della Regione
Liguria sono salite dalle 30 del 2010 alle 35 del 2015 (nonostante i
divieti posti fin dal 2007).
Il
valore nominale e patrimoniale delle partecipazioni societarie regionali viene
sintetizzato rispettivamente in 27,5 milioni e in 44.5 milioni; quelle di Filse
sono a bilancio per 29,5 milioni.
Apparentemente
sembra che qualcosa si muova … ma è pura apparenza … viene fatto il minimo
indispensabile per evitare un eventuale commissariamento in materia, poiché i
provvedimenti sono privi di analisi dettagliata, di valutazioni precise e
articolate, di provvedimenti concreti e di tempi di attuazione precisi e certi.
Del
resto, le disposizioni nazionali ci sono e sono chiare. La normativa nazionale vigente
stabilisce le modalità di attuazione delle operazioni straordinarie societarie
(cessione, fusione, liquidazione, scissione, trasformazione societaria); le
norme per redazione e attuazione di ristrutturazioni aziendali (riduzione dei costi
dei consigli di amministrazione, degli organi di controllo, del personale ed in
generale dei costi di produzione, gestione e funzionamento); le indicazioni per
la valorizzazione di strumenti di efficacia, economicità, pubblicità e
trasparenza; impone l’adozione di una tempistica attuativa per ogni singola
azione prevista nel piano; il dettaglio dei risparmi economici diretti da
conseguire con l’adozione delle singole azioni; il dettaglio dei risparmi
indiretti conseguibili attraverso il miglioramento dell’efficienza, dell’economicità
e dell’efficacia gestionale; i potenziali elementi che potrebbero condizionare
il raggiungimento degli obiettivi.
Nei
provvedimenti presi dalla Giunta Regionale, invece, non c’è nulla di tutto
questo e, dunque, si ha la sensazione di provvedimenti presi perché obbligati e
non quale conseguenza di analisi e determinata volontà di razionalizzare e
ridurre la spesa regionale.
Insomma,
ritornando ai problemi generali e nazionali … non ci sono soldi per «sbloccare
l'Italia», o per rimborsare i pensionati, ma le risorse per “foraggiare” le
aziende pubbliche e semipubbliche questa classe politica continua a trovarle, mantenendo
attivo il flusso di risorse che ne permette la loro sopravvivenza.
E’
un film già visto: tanti anni fa si parlava della soppressione degli enti
inutili, che ancora oggi restano inutili, ma vivi!!!
Oggi
si parla di “razionalizzazione” delle partecipate (non di soppressione o
riduzione o taglio) che comunque restano e resisteranno ai provvedimenti di
riduzione.
Ma
i cittadini devono sapere che queste partecipate comunque costano molti soldi
ai bilanci di Comuni, Province, Regioni e Stato: solo le perdite di esercizio
palesi nel 2012 ammontavano a circa 1.200 milioni; poi ci sono le perdite non
palesi finanziate da contratti di servizio e trasferimenti in
conto corrente e conto capitale in eccesso a quanto sarebbe necessario se le partecipate fossero efficienti (di ammontare incerto); ma soprattutto ci sono i costi pagati direttamente dai cittadini: attraverso le tariffe che coprono interamente i costi di aziende inefficienti. Inoltre, molte partecipate sono state create per aggirare il patto di stabilità interno, la riduzione dei rimborsi ai politici, il contenimento della spesa del personale.
conto corrente e conto capitale in eccesso a quanto sarebbe necessario se le partecipate fossero efficienti (di ammontare incerto); ma soprattutto ci sono i costi pagati direttamente dai cittadini: attraverso le tariffe che coprono interamente i costi di aziende inefficienti. Inoltre, molte partecipate sono state create per aggirare il patto di stabilità interno, la riduzione dei rimborsi ai politici, il contenimento della spesa del personale.
Un vero “salasso”
a spese dei cittadini per finanziare un diffuso e capillare sistema clientelare;
tutto questo mondo “clientelare” costa ai cittadini con tasse, imposte e
tariffe più alte.
Domanda ai
candidati: rispetto alle problematiche della partecipate cosa intendete fare? Quali
concreti impegni vi assumete per ridurre queste partecipate e la loro incidenza
sulle “tasche” dei cittadini?
Euro
Mazzi
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