La
Regione Liguria, fra il 2000 e il 2006, sottoscriveva tre contratti di derivati
con Nomura per l'ammortamento del debito derivante da un prestito
obbligazionario di 420 milioni di euro emesso dalla stessa Regione avente una
scadenza finale al 2034; sempre nello stesso periodo la Regione Liguria stipulava con Merrill Lynch altri contratti
in strumenti finanziari derivati.
Questi
contratti non sono mai stati fino ad oggi resi pubblici, non se ne conosce
ancora né il contenuto effettivo, né le clausole, né i costi effettivamente
sostenuti (… alla faccia della trasparenza!!!)
Nel
DM 10 luglio 2014 del MEF si fa esplicito riferimento a due tipi di operazione
della Regione Liguria ammesse alla ristrutturazione del debito: a) prestito
obbligazionario identificato dal codice ISIN XS0205761892, valore nominale
circolante al 31 dicembre 2013 pari a euro 420.000.000, con scadenza 22
novembre 2034 e contestuale estinzione
anticipata dei contratti in strumenti finanziari derivati collegati; b) mutuo
contratto in data 25 ottobre 1999, gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti
S.p.A. per conto del MEF, capitale residuo al 31/12/13 pari a euro 33.261.445,
con scadenza 31/12/19.
La Corte dei
Conti ha evidenziato come la Liguria copra il 73,9% del proprio debito con
contratti di derivati,
come evidenziato dalla tabella n. 1.
La
questione dei derivata è stata al centro anche di una puntata di Report “Il banco vince sempre” del 14/10/2007,
nel corso della quale veniva evidenziato come gli Enti Pubblici siano sempre
bisognosi di soldi e li trovano anche facendo mutui, obbligazioni e contratti
derivati; questi derivati stipulati con banche italiane e internazionali hanno spesso causato perdite di milioni di
euro addebitati ai bilanci e, quindi, tramite le tasse, scaricati nelle
“tasche” dei singoli cittadini. La cosa ancor più grave è che questi
contratti, detti "swap" o derivati o anche debiti strutturati, non
sono altro che scommesse che producono rischi incalcolabili per la stabilità
finanziaria, anche futura, di Comuni e Regioni (vedere
qui http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-2a15c777-fc79-424d-b44a-7ca6e51541dd.html ).
Di
fronte a queste denunce, riprese da tutta la stampa locale e nazionale, gli
assessori regionali al bilancio della Liguria hanno sempre dato generiche
rassicurazioni. Per quanto riguarda i prodotti
derivati utilizzati come mezzo
di finanziamento dalla Regione Liguria, l’assessore al Bilancio Pittalunga sottolineava
nel 2008 come “i derivati Nomura sono assolutamente sicuri, si è fatta in merito molta confusione, in realtà sono serviti a
trasformare il debito della Regione Liguria, prevalentemente a tasso variabile,
in obbligazioni a tasso fisso al 4,79%, mentre i tassi di interesse applicati
oggi alla clientela migliore sono sicuramente più alti. Se si considera poi che
le emissioni Nomura hanno consentito di conseguire rilevanti plusvalenze. Nel complesso, dunque, quelle operazioni mi
sembrano, più che problematiche, brillanti” (da Giornale della
Giunta 27 ottobre 2008).
Ma
tanto “brillanti” non dovevano essere se poi sono stati oggetto di vari
interventi anche della Corte dei Conti. Ma non solo. La questione dei derivati
era stata oggetto di una inchiesta (febbraio 2010) della Procura di Genova, ma
anche in questa occasione l’assessore
regionale G. B. Pittaluga si limitava a
spiegare che “a noi non risulta la
presenza di alcun contratto che possa avallare operazioni a rischio. La Regione
Liguria ha stipulato con Nomura un contratto nel 2004 da 100 milioni, che è
stato poi rinnovato nel 2006 con due nuove obbligazioni da 200 e 120 milioni,
per un totale di 420 milioni in scadenza nel 2034. Il fondo di ammortamento è assolutamente blindato e senza rischi, come hanno già
verificato i consulenti, perché può acquisire solo titoli di paesi con alto
rating, come Germania, Gran Bretagna e la stessa Italia” (da Secolo xix 04
febbraio 2010).
Tutto
a posto? No. Nonostante le rassicurazioni dell’assessore i derivati liguri continuavano
a sollevare ancora varie perplessità.
Anche
il nuovo assessore regionale al bilancio Pippo Rossetti si diceva fiducioso: “Abbiamo una valutazione dei nostri derivati che non implica rischi”,
ma i dubbi cominciano ad affiorare poiché la Regione ha emesso prestiti
obbligazionari, Nomura li ha collocati presso gli investitori garantiti con
ammortamenti che avrebbe dovuto investire gli accantonamenti in titoli a basso
rischio. Ma così non sarebbe successo, almeno dal punto di vista dell’entità
del rischio. “Non ci sono condizioni che
possano determinare uno sconquasso nel futuro – puntualizza Rossetti – In ogni caso stiamo facendo analisi attraverso una nostra agenzia per appurare
che non vi siano rischi impliciti. (…) Per fortuna noi non siamo numericamente
così esposti (..) Non ho molta
preoccupazione” (da Repubblica 27/9/2011)
Tutto
a posto? Macché!!!
Su
queste operazioni la Corte dei Conti esprimeva in più occasioni una forte preoccupazione
per il rischio che queste esposizioni
finanziarie possano diventare progressivamente insostenibili, censurando lo spostamento del debito sulle gestioni
future, le quali saranno destinate a farsi carico degli effetti negativi
loro tramandati.
Del
resto, la Corte dei conti, in un rapporto rimasto sostanzialmente ignorato, aveva
già tracciato un quadro devastante per gli Enti Locali italiani: i Comuni che
hanno contratti con le banche potenzialmente tossici sono 737; oltre a 40
Province; oltre a 13 Regioni; con un debito complessivo degli Enti Locali
italiani sottoscrittori di prodotti derivati ammontante a circa 27,2 miliardi.
Ma
se i “derivati” non sono di per sé negativi, nell’attività svolta dalle sezioni
regionali di controllo sono state rilevate diversi profili di criticità: come “contratti di finanza derivata caratterizzati
da notevoli squilibri e aleatorietà sin dal momento della
stipula”; mentre altri contratti hanno “prodotto
flussi negativi” che contribuiscono a “creare
una situazione di forte incertezza sulla
tenuta degli equilibri di bilancio”; altri derivati hanno evidenziato “profili di
criticità piuttosto elevati, considerata l’incidenza di tali strumenti
sullo stock complessivo del debito”; in generale hanno evidenziato “l’inadeguatezza
degli apparati preposti alla loro gestione”.
Anche
la Commissione Finanze della Camera, ha avviato una indagine conoscitiva,
ascoltando varie personalità (vedere qui http://www.camera.it/leg17/1135?id_commissione=&shadow_organo_parlamentare=&sezione=commissioni&tipoDoc=elencoResoconti&idLegislatura=17&tipoElenco=indaginiConoscitiveCronologico&calendario=false&breve=c06_derivati&scheda=true. Per esempio, la dottoressa Maria Cannata, Capo
della Direzione Debito pubblico, sottolineava che non tutti i derivati abbiano
natura speculativa, ma ne ricordava i potenziali rischi, proprio come quei
prodotti complessi che, utilizzati spregiudicatamente, “hanno originato la grande crisi
finanziaria - avviatasi nel 2007 ed esplosa il 15 settembre 2008 col
fallimento della banca d'affari Lehman Brothers – le cui ripercussioni ancora
influenzano l'economia globale, e quella europea in particolare” (da
resoconto audizione 10/2/15 Camera deputati).
Dunque,
in questo panorama assai preoccupante appaiono del tutto fuori posto le
continue dichiarazioni degli assessori regionali tendenti a rassicurare genericamente i liguri, ma soprattutto
tali dichiarazioni contrastano con la triste realtà del fatti.
Infatti,
questa realtà è talmente preoccupante che costringe il Governo a intervenire con
il DM del 10/7/2014 che prevede la ristrutturazione di questi debiti: il
ministero dell’Economia eroga alle Regioni un finanziamento trentennale, al
tasso dei BTp; le Regioni usano questo denaro per estinguere i bond o i mutui
pregressi (l’importo nominale dei titoli oggetto del potenziale riacquisto è
pari a circa 8,2 miliardi di euro);
chiudendo anche i derivati collegati. L’obiettivo di questa operazione
finanziaria miliardaria è di permettere alle Regioni di risparmiare in termini
di interessi e di efficienza finanziaria. Senza, però, teoricamente aumentare
di una virgola il debito pubblico.
Tutto
risolto? No. La chiusura di questi contratti non è una cosa semplice. Il vero
nodo è rappresentato dalle strutture finanziarie sottostanti ai bond, che
spesso rendono difficili i calcoli sull’effettiva convenienza ad effettuare
un’operazione di riacquisto. C’è poi un altro problema: le Regioni hanno
convenienza a ricomprare i bond quando questi hanno quotazioni basse, ma in
questo caso non è affatto scontato che gli investitori abbiano intenzione di
venderglieli. Perché un investitore dovrebbe vendere un bond al 60% del valore
nominale, quando alla scadenza (nel 2036) potrebbe incassare l’intero 100%?
Comunque,
la Regione Liguria è costretta a chiudere con i derivati. Così, in data 8/7/2014
veniva raggiunto un accordo di transazione con Nomura per estinguere
anticipatamente tre contratti derivati A questo punto la Regione Liguria, in
forza delle disposizioni dell'articolo 45 del Decreto Renzi potrebbe proporre
agli obbligazionisti il riacquisto e "richiamare" il prestito a suo
tempo erogato. La Regione Liguria a fronte della chiusura anticipata dei
contratti riceverà la somma di 191,6 milioni di euro, ma tale somma verrà
vincolata per restituire poi i complessivi 420 milioni di euro attraverso un
proprio fondo di ammortamento (ricomprando, appunto, le obbligazioni a suo
tempo emesse).
Il
18/12/2014 veniva chiusa la controversie con Merrill Lynch relative ad alcuni
contratti in strumenti finanziari derivati stipulati tra il 2000 e il 2004:
"Abbiamo raggiunto un accordo
soddisfacente che limita
ulteriormente i rischi – spiega l'assessore al bilancio della
Regione Liguria Pippo Rossetti – attraverso
la riduzione del paniere entro cui scegliere i titoli da inserire nel sinking
fund della Regione. Da oggi soltanto i titoli della Repubblica Italiana, di
Francia e Germania possono far parte del fondo accantonato".
Tutto
a posto? NO.
La
Corte dei Conti ha “bocciato” il bilancio regionale del 2013, focalizzando le
sue censure su tre punti, di cui uno riguarda appunto i 17 milioni di euro in più che dovranno essere accantonati nel
bilancio 2014 per fare fronte ai rischi dei derivati. Insieme agli altri
rilievi (in particolare: i 91 milioni di residui attivi giudicati ormai
inesigibili perché troppo vecchi; e i 117 milioni di euro, pari al valore degli
immobili delle Asl ceduti ad Arte) sommano circa 450 milioni di euro che la
ragioneria regionale aveva iscritto fra le poste attive e che viceversa
andranno trasferiti fra le poste passive (da decisione n. 46/2014/PARI).
Al
momento non è dato sapere altro, soprattutto non si sa quanto ci sono costati
questi derivati. Certo si parla tanto di
riduzione delle spese degli apparati pubblici, di contenimento della spesa
sanitaria e previdenziale ritenute spese insostenibili, ma evidentemente qualche
decina di miliardi di euro versati alle banche d’affari per coprire perdite
finanziarie non pone problemi e non interessa nessuno.
Domanda: Come e
perché Comuni, Province e Regioni si sono trasformati in “giocatori d’azzardo”;
hanno fatto operazioni speculative con i soldi pubblici; hanno aumentato l’indebitamento?
Voi candidati come intendete risolvere questo problema dei derivati?
Euro Mazzi
PS:
I derivati sono contratti il cui valore dipende dai prezzi di altre attività,
quali azioni, indici finanziari, valute, tassi di interesse, materie prime (il
cosiddetto “sottostante”). Quelli venduti agli enti locali dalla seconda metà
degli anni ’90 sono varianti più o meno sofisticate della tipologia “interest
rate swap” (IRS), che comporta lo scambio di flussi di cassa fra due soggetti.
Uno paga un tasso fisso alla controparte, e questa il tasso variabile, entrambi
applicati a un importo di riferimento detto “nozionale”. In sé lo
swap è uno strumento utile che permette a un soggetto indebitato di
predeterminare il costo del debito e neutralizzare il rischio di una variazione
sfavorevole dei tassi di interesse. Nella realtà degli enti locali, però, i
derivati sono stati utilizzati per ottenere facili anticipazioni di cassa,
senza capirne le implicazioni finanziarie di medio-lungo termine.
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