Nel
Consiglio Comunale del 15/12/15 c’è stato un vivace confronto dialettico tra
l’Amministratore Delegato di Acam, Garavini,
e il consigliere Mazzi incentrato in
particolare sul rapporto tra crisi
finanziaria di Acam e l’aumento delle tariffe applicate dalla stessa
Azienda.
Questo
è la frase inizialmente contestata da Garavini, frase contenuta nell’intervento
del consigliere Baracchini: “Il Piano (di
Riassetto del 2013) prevede precisi obblighi comportamentali, notevoli sacrifici ai lavoratori, la
vendita degli assets più importanti presenti nel Gruppo
(cessioni delle partecipazioni in Acam Gas, Acam Clienti, Acam Ambiente,
centrali energetiche di Centrogas), notevoli sacrifici ai cittadini (aumento graduale ma progressivo delle
tariffe)”. Garavini ha interrotto il consigliere contestandogli questa
affermazione e ricordando che nel suo intervento in precedenza aveva sostenuto che l’aumento delle tariffe non era
conseguenza della situazione di crisi di Acam e che era sbagliato sostenere il
contrario.
Interveniva
allora il consigliere Mazzi per riconoscere che il sistema delle tariffe impedisce l’automatica ricaduta della crisi
aziendale sulle tariffe stesse, ma contestava a sua volta Garavini nel
momento in cui nega che non ci sia alcuna influenza, poiché le tariffe tengono conto dei costi
aziendali, i quali a loro volta riflettono annualmente anche l’andamento e
quindi anche la crisi finanziaria di Acam.
Garavini
replicava secco: “o è vera una o è falsa
l’altra”, ma Mazzi ribadiva che erano vere tutte e due le tesi, nel senso
che non erano affermazioni “vere al 100%”,
entrambe contenevano aspetti di verità parziale.
La
questione sollevata da Garavini, in effetti è molto importante, poiché le tariffe sono il corrispettivo che i
cittadini pagano per il servizio ricevuto e, quindi, incidono direttamente sui
redditi degli utenti, ma costituiscono l’elemento determinante del livello dei ricavi aziendali sui quali si
costruisce il bilancio e si “pagano” i vari costi.
La tariffa,
dunque, ha un aspetto ambivalente: tiene conto dei costi aziendali, ma
contestualmente è una sorta di “prezzo politico” che viene fatto
pagare agli utenti. In generale, le tariffe pubbliche sono caratterizzate dal
fatto di prevedere prezzi più contenuti
rispetto a quelli che sarebbero praticati da un'azienda privata o, comunque,
poiché sono aziende che operano in regime di monopolio, è possibile realizzare
una maggiore diffusione di un servizio rendendolo accessibile ad un più vasto
pubblico. La tariffa pubblica, infatti, deve rispondere ai seguenti criteri: —
deve assicurare l'efficienza nella produzione del bene (bisognerà evitare
sprechi nell'utilizzo delle risorse, garantire l'economicità della gestione e
il pareggio del bilancio); — deve garantire l'equità sociale (il servizio pubblico deve essere erogato a quanti
più utenti è possibile e l'impresa deve avere come obiettivo la massimizzazione
del benessere sociale).
E’ proprio
questa natura ambivalente della tariffa che sta alla base dell’affermazione di
Mazzi che riconosceva che la tesi di Garavini aveva un fondamento, ma ne
contestava la sua veridicità al 100%. Del resto, affermare che la crisi
finanziaria di Acam comporta l’aumento delle tariffe è una “semplificazione”
retorica, cioè è una affermazione utile a far comprendere immediatamente la
gravità della crisi e delle sue conseguenze sui cittadini, ma proprio perché è
una “semplificazione” non è precisa e
non è sufficientemente articolata (come si dovrebbe … ma non si può fare
gli analisti ogni volta che si affronta un problema), ma questa semplificazione
è utile per far comprendere gli aspetti importanti, appunto la crisi aziendale,
la gravità delle sue conseguenze, le responsabilità di chi ha gestito l’Azienda.
Bisogna,
altresì, ricordare che in questi ultimi
anni la natura delle tariffe sta sostanzialmente cambiando, in quanto la
crisi finanziaria dello Stato e degli Enti Locali ha imposto di operare non
solo sulla leva fiscale diretta (imposte e tasse), ma anche su quella
tariffaria e, conseguentemente, queste ultime sono in costante incremento e oramai si tende a farle diventare un
corrispettivo a copertura integrale dei costi aziendali, di fatto
perdendo la loro precedente natura di “prezzo
politico”.
Alcuni
studi hanno, per esempio, sottolineato che tra giugno 2012 e giugno 2015 le
tariffe dei servizi pubblici locali (raccolta rifiuti, trasporti pubblici,
parcheggi, istruzione secondaria, mense scolastiche, nidi d'infanzia comunali e
certificati anagrafici) sono aumentate
del 9,9%, mentre l'inflazione è rimasta contenuta ad un aumento dell'1,7%.
In
altre ricerche, si sostiene che le variazioni del costo per i cittadini della raccolta dei rifiuti negli ultimi 5 anni
sono aumentate del 22,6%, vale a dire il 14,6% in più rispetto al tasso di
inflazione (+8%) e il 12,8% in più rispetto alla crescita media del costo di
questo servizio (+9,8%) registrata nell’Eurozona. Non solo: nelle regioni in
cui le tariffe crescono di più è peggiore la qualità del servizio.
REF
Ricerche e Unioncamere svolgono da anni un monitoraggio dei corrispettivi dei
servizi pubblici locali per comprendere come questi servizi gravano sui bilanci
delle piccole-medie imprese e delle famiglie; i loro rapporti hanno evidenziato
che: 1) si è registrato un aumento delle
tariffe dei servizi pubblici compreso tra il 15-20% negli ultimi quattro anni;
2) l’incremento delle tariffe dei
servizi pubblici è notevolmente superiore all’inflazione dei prezzi al consumo;
3) il costo dei servizi pubblici locali
è molto eterogeneo all’interno del territorio italiano, a causa in parte
della coesistenza di diversi regimi tariffari che variano a seconda dei comuni
(specie per il settore idrico e per quello dei rifiuti).
La
Cgia di Mestre ha evidenziato che: “negli
ultimi 15 anni le tasse locali sono
aumentate del 48,4%, quelle in capo alle amministrazioni centrali sono
cresciute del 36,1%”.
Insomma,
tasse e tariffe locali e regionali, in aggiunta all'abnorme imposizione fiscale
nazionale, pesano in modo determinante sulle condizioni di vita e
nell'impoverimento dei cittadini e questo è un dato effettivo … anche
statistico. Dunque, come si fa a negare
che non esista una relazione tra crisi finanziaria di una partecipata (es.
Acam) e le tariffe applicate e pagate dagli utenti?
Questa
questione ha importanti conseguenze. La prima riguarda la famiglia che è diventato oggi l’unico vero welfare, ancora in piedi e fortunatamente funzionante pur tra
mille difficoltà, ferita, non solo dai colpi della crisi economica e
finanziaria, ma anche dal prelievo, costante e continuo, cui è sottoposta dalle
istituzioni locali, regionali e nazionali. Gli acronimi utilizzati per le tasse
e le tariffe sono numerosi e talvolta misteriosi: IRPEF comunale e regionale,
IRAP, IRES, IMU, TARI, TASI, IUC, ecc. che configurano una fantasia sfrenata che maschera una articolata operazione finalizzata
al prelievo dalle tasche dei cittadini.
La
seconda riguarda la crisi del sistema
delle partecipazioni pubbliche in preda a dissesti economici e finanziari
importanti, le quali spesso gestiscono servizi di bassa qualità, ma ora
remunerati da tariffe sempre più elevate e in costante crescite. Il mercato dei servizi pubblici locali deve
uscire da una gestione “partitocratica” e ha bisogno di una robusta cura di
efficienza, di efficacia e di una sana gestione imprenditoriale; i non
brillanti risultati di esercizio e le tariffe in crescita la dicono lunga sulla
necessità di interventi mirati a razionalizzare e innovare la gestione,
innalzare la qualità dei servizi, migliorare la convenienza di prezzi e
tariffe.
Il
caso Acam anche sotto questo aspetto è esemplare.
(fine
della quarta parte … ma la storia continua)
Euro
Mazzi
Nessun commento:
Posta un commento