La
fine dell'anno e l'inizio di quello nuovo segna sempre una specie di
spartiacque: è inevitabile pensare al passato e fare buoni propositi per il
nuovo anno. Ed è anche giusto che sia così, per quella spinta a migliorare e a
ricercare la serenità che è insita nella natura umana. Quando si è in famiglia
poi i desideri si moltiplicano per tutti i membri e i buoni propositi non sono
mai solo personali. “Buon Anno! Tanti
auguri! Anno sereno e di pace! Che sia un anno ricco di soddisfazioni
lavorative e sentimentali …”. Ne abbiamo sentite e dette tante di belle e
rituali frasi in questi giorni dalle persone che ci circondano e anche dai più
lontani. Sono le stesse ogni anno e spesso restiamo uguali anche noi in attesa
che qualcosa cambi intorno a Noi …
La
crisi che stiamo attraversando impone una nuova
consapevolezza: quella che se si potessero cancellare, correggendoli,
alcuni errori del passato e dimenticare le ideologie sventolando tutti una
unica bandiera potremmo farcela ad uscire velocemente da questa crisi.
Il bello dei periodi
di crisi è che si spera in una svolta, che si possano riparare o correggere
gli errori, ricercare uno stile di vita che ci appartiene di più senza porci
degli obiettivi troppo difficili, altrimenti poi si rischia la frustrazione di
non averli raggiunti.
E
non è cosa da poco: questo sentimento può darci lo slancio necessario.
Si ritorna a credere nella nostra capacità
e creatività. Rimettiamo al centro
la persona e la necessità di fare bene il proprio dovere (in famiglia,
nello studio, nel lavoro, per strada, nel sociale, ecc.); non pensare troppo
alle cose materiali e al denaro pur ritenendole importanti; riscoprire amicizie
significative e rapporti reali; non perdersi in parole inutili e magari
ascoltare di più; pensare che quanto letto finora è scritto nel nostro cuore da
sempre e va solo riscoperto, che non è una dottrina, ma frutto dell’esperienza,
che chi scrive non è uno “arrivato”, ma che per primo è in cammino. La speranza
è quella che si creino le condizioni per correggere anche le ingiustizie.
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Allora
… scambiamoci anche questo augurio: che il 2015 sia l’anno di una reale speranza.
«L'importante è imparare a sperare. Il
lavoro della speranza non è
rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire.
Lo sperare, superiore all'aver paura,
non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel
nulla. L'affetto dello sperare si
espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a
uno scopo e che cosa all'esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo
affetto vuole uomini che si gettino
attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono» (Ernst
Bloch, Il principio Speranza Premessa).
Noi
dobbiamo dirigere la luce della
speranza su ogni attimo della nostra vita presente, altrimenti la luce
del faro si perde nella notte del futuro. L'utopia e la speranza danno all'uomo
la possibilità di anticipare quel futuro dove l'uomo stesso realizza la sua
intima essenza; ma il vero futuro deve
essere nuovo, non può essere qualcosa di predeterminato nel passato e nel
presente così da essere prevedibile in modo del tutto certo. La speranza infatti è continuamente
sottoposta al rischio, all'incertezza, deve continuamente lottare per creare il
futuro-nuovo.
La
speranza, quindi, comporta un ottimismo
che combatte per realizzarla, un ottimismo
militante che realizzi con l'impegno, le possibilità future poiché appare
ormai superata ogni dottrina che basava se stessa collegandosi inesorabilmente
al passato.
Non
resta dunque che augurare a tutti un
anno sconvolgente vissuto con un ottimismo militante nella speranza di creare il
nostro futuro!
Euro Mazzi
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