In
Grecia ha vinto il «no». La gente, sopraffatta per sei anni dai sacrifici, ha
scelto di opporsi alle aspettative intransigenti dei creditori. Dopo la festa
di piazza … i problemi sono ritornati esattamente come prima.
Il
referendum è stato un momento di democrazia diretta, ma se si guarda bene è
stato anche un esempio di demagogia, in quanto viziato da una campagna
elettorale di pochi giorni; da un dibattito incentrato solo su paure, minacce,
ricatti e demagogia; da un quesito ambiguo, cioè il SI/NO alle condizioni dei
creditori, ben sapendo che la stragrande maggioranza dei greci non vuole
abbandonare né la moneta unica, né vuole uscire dalla Ue. Il quesito in
particolare chiedeva se doveva essere “accettato
il progetto di accordo presentato da Commissione europea, Bce e Fmi
nell’Eurogruppo del 25 giugno 2015”, non accennava né alla volontà di non
pagarlo, né di uscire dall’euro, né di ridiscutere le condizioni della
permanenza nell’UE.
Su
questo referendum, però, si sono scatenati tutti pro e contro senza
comprenderne le articolazioni, le implicazioni e le conseguenze, avendo tutti
quale unico presupposto le implicazioni propagandistiche in politica interna a
ciascun Paese.
E
questo è stato uno spettacolo di miseria e miopia politica assai grave.
Soprattutto
il referendum rischia di far dimenticare che in Grecia esistono notevoli
disfunzioni nel sistema pensionistico, nel sistema fiscale, nel rapporto tra
ricchi e poveri, ecc.. Cioè in Grecia esiste la necessità che la politica torni
a fare interventi (per esempio le riforme) necessarie prima di tutto ai greci,
per assicurare a loro una società più equilibrata e giusta. Questi interventi
devono chiaramente mettere il Paese in equilibrio finanziario, senza mettere la
popolazione alla fame, ma anche devono permettere il pagamento dilazionato dei
debiti poiché “pacta sunt servanda” (i patti devono essere
osservati): esprime un principio fondamentale del diritto civile e di quello internazionale.
Ma
questo vale anche per l’Italia … direi soprattutto per l’Italia.
Il
referendum greco ha, però, avuto il merito di sollevare alcune importanti
questioni: da una parte, ha riportato alla ribalta il “popolo” e le sue
esigenze; dall’altra, ha rivelato l’incompiutezza del disegno europeo;
dall’altra ancora, ha evidenziato che esiste uno sconfitto certo:
l’intransigenza tedesca e degli altri Paesi che si sono allineati, comprese le
istituzioni europee rappresentate male da
personaggi che non hanno saputo stare
sopra le parti per il ruolo che rivestivano (es. il Presidente
dell’Europarlamento Martin Schulz).
Non
è poca cosa, ma non c’entra nulla con le strumentalizzazioni che sono state
fatte soprattutto in chiave di politica interna di ciascun Paese dell’UE (in
particolare dai politici tedeschi, francesi e italiani).
Veramente
strana la polemica sull’euro SI/NO. Non potrà mai essere una moneta la causa
dell’attuale crisi … semmai le vere ragioni sono da ricercare per esempio nelle
insufficienze strutturali della UE, oppure nella mancanza di idonei strumenti
collegati alla moneta unica (politica economica e fiscale unica, politica monetaria
comune, una vera banca centrale unica, ecc.).
Una
cosa deve essere chiara: ogni euro
pagato in meno dai greci sarà pagato in più dai cittadini europei, compresi gli
italiani, poiché la gran parte del debito greco è attualmente vantato dagli
altri Stati europei: l’Italia ha una esposizione di oltre 40 miliardi,
corrispondente a circa 700 euro per ogni italiano.
Le conseguenze
di un mancato o di un cattivo accordo tra Grecia e UE, saranno comunque pagate
dai cittadini sia greci che europei, in particolare sono gli italiani che
rischiano di più poiché il debito pubblico italiano è molto più consistente di
quello greco, anche se incide di meno sul PIL (Prodotto interno lordo). Il
debito pubblico ellenico ammonta a 330 miliardi di euro (pari ad oltre il 175%
del PIL). Il debito pubblico italiano ad aprile 2015 ammonta a 2.194,5 miliardi di euro e le
previsioni per fine
2015 dovrebbe attestarsi al 133,3% del Pil (in costante crescita nonostante le
manovre di questi ultimi anni, era infatti il 103,7% nel 2004).
La situazione
greca, quindi, impone scelte coraggiose:
- da una parte occorre tener conto degli aspetti di umanità e solidarietà, quali principi ispiratori e senso ultimo della politica. Riporto in merito qui un lucido intervento di Enzo Bianchi
- ma dall’altra occorre avere mente lucida sulla predisposizione di un programma di ristrutturazione del debito che contempli una serie di interventi (es. riforme) rivolti al Paese per aumentare produttività e ricchezza al fine di pagare i creditori in un arco di tempo necessariamente lungo per permettere appunto di rientrare dall’esposizione debitoria senza mettere alla fame la popolazione. Riporto qui un chiaro intervento dell'on. G. Galli in merito:
- da una parte occorre tener conto degli aspetti di umanità e solidarietà, quali principi ispiratori e senso ultimo della politica. Riporto in merito qui un lucido intervento di Enzo Bianchi
- ma dall’altra occorre avere mente lucida sulla predisposizione di un programma di ristrutturazione del debito che contempli una serie di interventi (es. riforme) rivolti al Paese per aumentare produttività e ricchezza al fine di pagare i creditori in un arco di tempo necessariamente lungo per permettere appunto di rientrare dall’esposizione debitoria senza mettere alla fame la popolazione. Riporto qui un chiaro intervento dell'on. G. Galli in merito:
La solidarietà verso chi sta “peggio” è un atto dovuto, costitutiva della nostra umanità, ma altrettanto deve essere ribadita la necessità di non permettere “furbate”, cioè nessuno deve essere autorizzato a ricercare e praticare scorciatoie comode per non pagare i debiti lasciando “coriandoli” in mano ai creditori, poiché questi “coriandoli” significano che altri cittadini saranno costretti alla povertà … e anche questi ultimi hanno diritto alla solidarietà da parte degli altri.
Noi
spezzini abbiamo avuto il caso ACAM che nel suo piccolo è come la Grecia: ha
fatto un accordo di ristrutturazione per un debito assai elevato (quasi 500
milioni) e i creditori hanno accettato sulla base di un piano che prevede una
serie articolata di interventi (riduzione personale, aumento produttività,
vendita dei “gioielli” del gruppo, aumento delle tariffe, ecc.) per un tempo
assai lungo (ultimi atti previsti nel 2033). E’ un esempio concreto … ma è
l’unico che si adatta perfettamente al caso greco.
È
una sfida gigantesca, ma non impossibile. Ma ci vuole senso di responsabilità,
competenza e determinazione. Difficile in chi pensa solo a prendere un voto in
più alle prossime elezioni … Purtroppo. E la situazione peggiora … prima o poi “i nodi verranno al pettine”.
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