castelnuovo magra

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sabato 27 settembre 2014

AMMINISTRATORI CHE PEREPÈ QUAQUÀ … COME SI COSTRUISCE IL CONSENSO.

Uno degli aspetti che più colpisce l’attuale comportamento dei leaders politici (non solo i capi di partito o di Governo, ma oggi anche Governatori e SINDACI ...) è la tendenza a privilegiare esclusivamente obiettivi a “breve termine”, che consentono la costruzione di un consenso immediato.
Il consenso è senz’altro uno degli aspetti determinati del nostro sistema democratico, ma non può essere un obiettivo fine a sé stesso, teso a vincere una competizione elettorale su cui poi si avvia la ricerca per una costante “enfatizzazione mediatica” della propria figura, anche attraverso toni, contenuti e immagini tendenti a privilegiare le particolarità che “bucano” l’attenzione.

Questo fenomeno degenerativo nasce molto più a monte, in un sistema politico che non solo ha perso leader e metodo, ma soprattutto ha smarrito quello che era il fattore fondamentale di ogni struttura politica: i valori e i principi di riferimento.
Gli stessi leader che abbiamo di fronte oggi e quelli nuovi che si stanno profilando all’orizzonte, rappresentano questa tendenza, in cui si privilegia la forma, l’età, la spregiudicatezza, la rapidità con cui si comunica sui social o in televisione, in un vuoto sconcertante di valori, di contenuti e di progetti, al punto che le loro argomentazioni appaiono pressoché uguali, indipendentemente dalla loro appartenenza. Vengono proposti solo slogan e messaggi puramente emotivi, quasi mai obiettivi, progetti concreti, analisi, concetti e ragionamenti.
Oggi abbiamo politici che non mirano a convincere attraverso il ragionamento, ma spingono le scelte degli elettori sulla base di simpatie o antipatie, su esteriorità o comportamenti, alternando slogan e parole d’ordine non supportate da analisi, studi, teorie o percorsi di realizzabilità.
Mussolini è stato un maestro, antesignano di questo modo di fare politica oggi molto in vigore ed in espansione. Ne riporto un esempio: la battaglia del grano.
Nell'ambito della politica autarchica avviata dal regime fascista, durante una seduta della Camera del 20 giugno 1925 venne proclamata la “Battaglia del grano”. In pratica si trattò di una serie di provvedimenti tesi a incentivare la produzione di grano, nonostante l’arretratezza dell’agricoltura italiana. A fini propagandistici e per rafforzare l’impegno su questa iniziativa venne coinvolto direttamente e personalmente Mussolini. All’epoca cominciarono a circolare le foto e i filmati del Duce tra i campi di grano che reclamizzavano la figura di “Mussolini Agricoltore”, immagine che raggiunse il suo apice durante la campagna di bonifica dell’Agro Pontino negli anni trenta.  Mussolini scelse la fotografia, capace molto più della pittura e meglio del cinema, di creare un diretto rapporto carismatico del popolo con il corpo del duce. Nacque così la rappresentazione del mito fisico di Mussolini agricoltore e aviatore, spadaccino e centauro, sciatore e cavallerizzo, nuotatore e pilota. E man mano che il regime si consolidava niente venne lasciato al caso e  l'ufficio stampa, che nel 1924 aveva un ruolo eminentemente politico, a partire dagli anni Trenta assunse mansioni sempre più specificatamente propagandistiche trasformandosi nel motore della costruzione totalitaria del mito del duce.
Allora il risultato fu un immediato aumento della produzione di grano, ma a scapito di produzioni diverse e di maggior redditività. Le autorità fasciste, nell'intento di aumentare la produzione di frumento, arrivarono ad osteggiare apertamente coltivazioni di vegetali ritenuti «vili e minori» tra questi i broccoli, le cime di rapa, il farro, le lenticchie e le rape.
Secondo l'economista Domenico Preti, la “Battaglia del grano” andrebbe inquadrata in una politica intesa ad operare una generalizzata compressione dei consumi primari, che venne realizzata sia riducendo nel corso del Ventennio il consumo pro-capite di grano degli italiani, sia peggiorando la loro dieta alimentare, lasciando cioè che i cereali (meno costosi di altri generi alimentari più ricchi come carne, latte, grassi, vino ecc.) andassero a coprire una quota più ampia del loro fabbisogno calorico e proteico. Secondo tale autore, si può sinteticamente definire come una politica alimentare destinata a fornire alla gran massa della popolazione calorie al più basso costo possibile, il che si tradusse in pratica in un grave scadimento dell'alimentazione delle larghe masse soprattutto contadine. Come sempre accade, quando si combatte artificiosamente il “mercato”, anche questa iniziativa fu fallimentare. Ma in quel momento il consenso attorno a Mussolini era al massimopoi, però, i risultati furono catastrofici. Appunto.
Euro Mazzi

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