Panem et
circenses,
cioè “Pane e giochi del circo” Sono parole di Giovenale (le Satire)
che si lamenta come questo fosse, ai suoi tempi, l'unico desiderio del popolino;
gli antichi romani sapevano bene come
tenere calma la plebe; ma certo non disdegnavano la dura repressione, ma questa
era nei fatti e non veniva declamata.
Tredici
secoli più tardi Lorenzo il Magnifico sosteneva che: “Pane e feste tengon il
popol quieto”. Re Ferdinando II di Borbone, detto Franceschiello, avrebbe
poi teorizzato che per ben governare un popolo occorrono le tre “F”: “Festa, Farina
e Forca”.
La
napoletaneità è caratterizzato dalle feste (folklore) collegate ad un evento
religioso, ma le cui radici si perdono spesso nella notte dei tempi in riti di
matrice pagana. Durante il periodo borbonico la vocazione festaiola del popolo
ebbe momenti di pura esaltazione grazie alla politica perseguita dai sovrani
riassunta nelle famose tre effe; ma quando serpeggiava la ribellione e il
Governo si impauriva veniva avviata una dura repressione, continuando però a
elargire continue feste.