Dopo
Genova … ecco Carrara: il crollo dell’argine destro del Carrione è un disastro
«fratello» di un altro disastro: Prima Genova ora Carrara; ma è fratello
gemello di un precedente disastro, nello stesso fiume.
Nel
2003, nella disastrosa alluvione in cui ci fu una vittima nel centro città, il
fiume aveva esondato soprattutto nella zona di Carrara Centro. Nel 2012, sempre a novembre, due distinte alluvioni: la prima in zona
Bonascola (reticolo di fossi tombati saltati via) e zona Battilana (con il
famoso muraglione della linea gotica spezzato), con il Carrione che aveva
provocato danni limitati subito a valle del centro storico, a San Martino. Nella
seconda, a fine novembre 2012, gli argini avevano ceduto subito sotto la via
Aurelia, come nel 1985 (500 metri più a monte di dove sono crollati oggi).
Questa
volta il crollo ha riguardato un pezzo dell’argine destro del Carrione, stessa dinamica di quello precedente, il muro
dell’argine che si sgretola perché probabilmente è fatto male, il materiale non
adeguato, il progetto è forse scadente; il risultato è che il Carrione si
ribalta e il torrente vomita acqua e fango e tutta la zona fino a Marina di
Carrara va alluvionata. Un argine che si è sgretolato come fosse cartongesso
provocando un’alluvione che solo per un miracolo non ha provocato vittime ma ha
messo in ginocchio numerose imprese e centinaia di famiglie.
Si
registrano migliaia di alluvionati sfollati; i danni sono enormi; la gente si
sente indifesa ed è aumentata la paura.
La
procura ha sequestrato il muro crollato e proprio la prima analisi è
sconcertante: in pratica pare che per innalzare l’argine era stato “incollato“
male il muro nuovo che poggiava su quello vecchio, costruito negli anni ’50 e
che fungeva da base o fondamento.
Durante
una diretta di RaiNews24 è stato mostrato quanto friabile fosse al suo interno
la parte alta dell'argine, composto per lo più da un materiale bianco almeno
molto simile al polistirolo. Speriamo che una volta tanto l’inchiesta porti ad
individuare responsabilità precise e chiare e che amministrativamente e
politicamente qualcuno chieda scusa e con un inchino si DIMETTA e lasci la “poltrona”.
Adesso
i responsabili devono pagare, come devono essere sanzionati coloro che avevano
il dovere di controllare i lavori svolti e non l’hanno fatto nonostante le
preoccupazioni manifestate più volte in passato dai cittadini rimaste
inascoltate e ignorate.
Adesso
bisogna immediatamente dare un nome ed un volto a coloro che hanno giocato sul
futuro e sulla pelle dei carraresi evitando di arrivare a salvare i futuri
indagati con la prescrizione come successo in passato.
Resta
il fatto che l'argine, rifatto nel 2009, sia crollato in un determinato tratto
di 150 metri, dove la forza del torrente Carrione non era maggiore rispetto al
resto del suo corso.
Resta
il fatto che c’erano state segnalazioni di infiltrazioni. Ben prima del
disastro, però, in tanti avevano sospettato che l’argine avesse, per così dire
dei problemi. Perché nessuno ha verificato?
Ci
si lamenta spesso della mancanza di denaro per fare le opere, ma in questo caso
sono stati spesi milioni (pare oltre quattro milioni di euro) … per un lavoro progettato
e/o fatto sicuramente male.
Certo
è piovuto tanto in poche ore, ma in questo caso i soldi sono stati spesi e gli
interventi fatti …non doveva crollare quell’argine!!!
Dunque,
il problema è che non funziona più il sistema degli appalti pubblici in Italia.
Per
far fronte ai rischi idrogeologici sempre più frequenti e drammatici non è
sufficiente sbloccare le risorse e le opere, perché quando gli appalti rispondono
a logiche vecchie e la progettazione è di così basso livello, ogni nuovo
intervento è inefficace e fa solo spendere inutilmente il denaro pubblico: così
poi aumenta il debito pubblico e aumenta la pressione fiscale … e comunque i
rischi di insicurezza aumentano per tutti.
È necessario
investire per la messa in sicurezza del territorio, attraverso la
delocalizzazione delle strutture dalle aree esposte a maggiore pericolo,
restituendo spazio ai corsi d’acqua, attuando una corretta gestione tanto delle
aree montane e boschive che delle città, realizzando la
stombatura e la manutenzione dei fossi e dei canali, il ripristino delle aree
di esondazione. E’ assolutamente necessario, inoltre, che gli interventi siano
studiati e ragionati a scala di tutto il bacino e non su situazioni particolari.
Ma altresì occorre fermare il consumo di suolo che ancora oggi imperversa, e
rendere inedificabili le aree a rischio anche dopo la loro messa in sicurezza.
Ci
vuole un cambio collettivo di mentalità, bisogna ritornare ad un rispetto effettivo
del territorio sul quale viviamo e facciamo crescere le future generazioni.
Insomma,
le vicende alluvionali che hanno interessato il Carrione, nei suoi 20
chilometri scarsi di lunghezza, evidenziano errori, sviste, omissioni e peccati
che ne fanno a pieno titolo un fiume molto, ma molto, italiano, anzi un vero
specchio di una Italia malata.
Adesso
a prevalere è un grande sentimento di rabbia. La situazione complessiva è grave:
l'emergenza legata alle alluvioni è a tutti gli effetti diventata vera e
propria emergenza democratica, perché la fiducia dei cittadini nelle
istituzioni non tiene più: il patto che lega i cittadini allo Stato è fondato
proprio sulla sicurezza, della vita e delle proprietà, che lo Stato ora dimostra
di non garantire più. Se si va avanti così … NO!!! NO!!! NO !!! SI DEVE
CAMBIARE.
Euro
Mazzi
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